23 marzo
A Milano dopo i funerali di Fausto e Iaio, davanti alla sede della Camera del Lavoro ci sono scontri tra gli extra parlamentari e il servizio d'ordine della Cgil. Ormai la frattura tra i sindacati, il Pci ed i gruppi di estrema sinistra è insanabile. Sui giornali, insieme alla cronaca dei funerali, si dedica spazio agli incidenti del giorno prima.
Moro, il movimento ed il PCI
I giornali riportano, quasi con la stessa evidenza con cui si raccontano i funerali di Iaio e Fausto, gli incidenti del giorno prima, in cui gruppi di giovani dell'estrema sinistra hanno attaccato la sede della CGIL.
Il Corriere della Sera, che ha relegato in 12° pagina il resoconto dei funerali, a fianco, titola: “Perché fischi e botte ieri alla Camera del Lavoro”
L’Unità tende a minimizzare l’accaduto:
“…davanti alla sede della Camera del Lavoro gruppi di manifestanti lanciando slogan. urlano invettive contro la CGIL, riprendendo false e strumentali accuse all'organizzazione, accusata assurdamente di non volere la partecipazione dei lavoratori ai funerali. Una ventina d persone battono i pugni sul cancello di ferro ma vengono allontanati da altri manifestanti”
Ben altro il tono di Lotta Continua:
“La rabbia è molta, lo striscione che raffigura laio e Fausto viene issato sul balcone che sta sopra l'ingresso della sede della CGIL, le bacheche vengono spaccate. Domani diranno che è stata un'azione squadristica questa, fatta dai giovani che dopo essersi visti massacrare gli amici, si sono visti chiudere le porte in faccia dal PCI e dal sindacato”
Gli incidenti alla Camera del lavoro non sono che l’ultimo anello di una contrapposizione che giorno dopo giorno diventa sempre più feroce. E’ passato più di un anno dagli incidenti all’università di Roma, con il segretario della CGIL, Luciano Lama, costretto ad interrompere un comizio all’interno dell’ateneo romano.
Il rapimento di Aldo Moro ha ancor più allontanato le posizioni. Il sindacato, nello smarrimento generale è stato il primo a reagire. Solo un’ora e mezza dopo il rapimento, un comunicato proclama uno sciopero generale. Nel pomeriggio organizza manifestazioni nelle più importanti piazze d’Italia contro l’agguato brigatista, per commemorare gli agenti uccisi ed esprimere solidarietà a Moro ed alla DC.
Il “movimento” invece si trova spiazzato dall’azione delle BR. In un primo momento, in alcuni c’è euforia. A Milano, alcuni militanti coinvolgono gli studenti di una scuola, con i soldi del circolo si compra lo spumante e si brinda al rapimento del leader DC.
Con il passare delle ore l’atteggiamento cambia e si prendono le distanze dall’azione brigatista. Un comunicato di Rosso, la rivista dell’autonomia, dichiara “la nostra condanna è senza termini “ ma si esprime anche il timore di diventare "…pesci nell’acqua sporca del consenso allo Stato e alla DC".
Il sindacato e il PCI, che ormai da tempo ha abbandonato la teoria dei fascisti travestiti da compagni e, riconoscendo qualche foto dall'album di famiglia, persegue con grande zelo l'isolamento di una parte del movimento identificato come il brodo di coltura del terrorismo.
Luciano Lama già nel comizio del 16 marzo dice:
«bisogna espellere dalle masse non i terroristi che non ci sono o sono pochissimi ma chi li giustifica, chi civetta con loro… chi li considera ancora troppo frequentemente come dei ragazzi che forse avrebbero ragione in altre condizioni»
Il 18 marzo, un altro sindacalista della CGIL, Bruno Trentin, ribadisce:
«Dobbiamo aggredire quelle zone di acquiescenza e di scarsa consapevolezza che ancora si annidano nelle aziende, ma soprattutto nelle scuole »
Nel movimento, di cui una parte critica l’azione brigatista più da un punto di vista “strategico” che morale, nelle assemblee ogni tanto riecheggia lo slogan beffardo “ Moro libero, Curcio centravanti”, si usa il rapimento Moro, per ribadire il tradimento di PCI e CGIL nei confronti degli operai e l’appiattimento sulla linea della DC.
IL 18 marzo Lotta Continua dedica un’intera pagina alle reazioni, degli operai davanti ai cancelli della Fiat. Ed i commenti, riportati dal giornale, non sono certo benevoli nei confronti di Moro, della Dc e del sindacato.
«Qui è veramente una vergogna, noi siamo un popolo indifeso, nessuno difende la classe operaia, ci sfruttano e adesso ci costringono allo sciopero, per essere difesi loro da noi» «Non ci fanno entrare, [in fabbrica] loro i soldi li hanno, Moro non mi frega, chi ci paga», «Per Moro ma neanche morto, ti giuro, se faccio il corteo è per principio, non per Moro ma per i cinque morti...» «Se ci fosse un'organizzazione seria, che so, anche dei partiti classici della sinistra, PCI, PSI, ma non c'è niente, allora per forza si discute di altre forme di lotta, di organizzazione» «Ma che violenza, violenza. Qui hanno fatto piazza Fontana non era violenza? E noi dobbiamo guardare e basta, anni e anni per il processo. Quando ammazzano un operaio nessuno lo sa e oggi tutto 'sto casino per Moro e i cinque morti?»
Sempre secondo Lotta Continua la risposta allo sciopero sarebbe stata tiepida oltre che alla Fiat di Torino anche alla Sit Siemens, all’Italsider, di Bagnoli e all’Alfasud.
A Lotta Continua risponde Giorgio Bocca su La Repubblica del 22 Marzo:
“Chi dall'estrema sinistra dice che lo sciopero del 16 marzo è riuscito parzialmente mente per la faziosità politica: lo sciopero è stato impressionante, si sono vuotate anche le piccole fabbriche, a Mirafiori, anche senza i picchetti sindacali, sarebbero entrati per il secondo turno poche centinaia di operai.”
Sempre Lotta Continua il 18 Marzo, a pagina 12, sopra una serie di corrispondenze che segnalano iniziative di lotta, titola: “Ne lo Stato ne le Br”. Per la prima volta appare lo slogan che contraddistinguerà il pensiero della sinistra extra-parlamentare nella vicenda Moro